Intervista, Alessandro Gazoia: Giusto terrore, Storia del nostro tempo

A bordo dell’Intercity partito da Sanremo c’è un uomo diretto a Roma per una possibile consulenza in merito alla realizzazione di documentari sul terrorismo jihadista. Da questa premessa nasce la storia raccontata da Alessandro Gazoia nel suo ultimo libro intitolato Giusto Terrore (Il Saggiatore).

Opera nella quale il narratore trasforma il tempo del viaggio in un’occasione per riflettere sul terrorismo, sulla percezione collettiva e personale di un fenomeno entrato nuovamente nell’immaginario e nelle parole degli italiani grazie alla Storia e alle nuove tecnologie della comunicazione.

Un viaggio tra Storia e memoria

Giusto Terrore
Giusto Terrore – fonte: ilsaggiatore.com

Avventurandosi in questo impresa avvincente e complessa, Gazoia restituisce con stridente vividezza le paure ancestrali celate nei discorsi degli altri passeggeri. Alimentate da notizie e video che rimbalzano sulla rete Rete alla velocità della banda larga. Istantanee del reale a cui s’intrecciano i ricordi personali del narratore, membro di quella generazione di ragazzi cresciuti in compagnia della televisione. Protagonista di pomeriggi interi passati a giocare con il Commodore 64, fantasticando sui retroscena della Brigate Rosse e sulle donne più belle degli Anni di Piombo.

Le immagini del mondo esterno e del mondo interiore evocate da Alessandro Gazoia testimoniano il passaggio dall’Homo Videns all’Homo Connectus. Descrivono il salto dal bianco e nero e dai primi pallidi colori dei servizi nei telegiornali, che raccontavano il terrorismo di casa nostra, ai video truculenti girati in alta definizione che raccontano massacri ed esecuzioni sommarie perpetrate dai militanti dell’Isis.

Un libro che «nasce dal bisogno di capire meglio e dalla volontà di raccontare agli altri» , spiega lo stesso Gazoia. Un’opera tessuta inframezzando fatti storici a ricordi e riflessioni fulminanti sul contemporaneo. Una matassa che l’autore riesce a districare in poche righe. «Il primo capitolo – spiega Alessandro – narra la percezione soggettiva del terrore e la forza del suo immaginario. Il secondo capitolo è in gran parte dedicato alle Brigate Rosse. Il terzo capitolo racconta la guerra d’Algeria e la Francia “retrocoloniale”. Il quarto capitolo intreccia il “caso Rushdie” e il “caso Houellebecq”. In tutto il libro ritorna la storia dell’Isis e dei suoi attentati in Occidente».

La struttura estremamente originale dell’ultima opera di Gazoia ha complicato uno dei compiti principali della critica letteraria: inquadrare l’opera in un genere preciso. Una questione che sembra divertire lo stesso autore. «Sto leggendo con curiosità i diversi modi in cui Giusto terrore viene definito – ammette Alessandro -. Un elenco incompleto è: romanzo, racconti, racconti interconnessi, scrittura ibrida, romanzo di non-fiction, saggio narrativo, saggio. Spero solo che, oltre le definizioni, il mio libro piaccia ai lettori. Voglio però dire – precisa Alessandro – che tutte le parti dove non compare il narratore sono, al meglio delle mie conoscenze, “non finzionali”. Non invento e neppure abbellisco i fatti storici».

Terrorismo, informazione e memoria condivisa

L’ambientazione della storia nel bel mezzo di un viaggio su rotaie appare fin da subito estremamente funzionale al suo svolgimento. Infatti «in apertura, il treno mi serve per narrare la paura di rimanere vittima di un attentato terroristico», spiega lo scrittore. I passeggeri dovranno infatti affrontare i timori legati a una pausa forzata e immotivata del loro viaggio. Ma c’è un altro motivo che giustifica la scelta del treno. «E’ un ottimo luogo – conferma Alessandro – per cominciare quel lavoro di montaggio che è fondamentale nella costruzione di Giusto terrore». Il montaggio delle immagini appartenenti al Dentro-Fuori del narratore.

Giusto terrore
Isis

Leggendo il libro è inevitabile chiedersi quanto ci sia di Alessandro Gazoia, della sua storia personale e delle sue giornate, nella voce e nella mente del narratore. «Il personaggio che dice io, il narratore, è piuttosto simile a me – rivela l’autore-. Ad esempio tutti e due amiamo Buster Keaton, siamo cresciuti con un certo mito della Francia e abbiamo letto troppi libri sulle Brigate Rosse».

Il discorso mediatico sul terrorismo, la manipolazione delle menti esercitata dal flusso dell’informazione e la pervasività delle nuove tecnologie di comunicazione «sono temi importanti nel libro», conferma Alessandro. Ma è evidente che l’opera di Gazoia ci porti a riflettere su qualcosa di molto più profondo. Ed è lui stesso a confermarlo: «Per aggiungere solo un altro elemento, molto rilevante è pure il tema della memoria condivisa\contesa».

Cos’è il Giusto Terrore

Il titolo evoca il presente quale condizione inevitabile. Frutto degli aspetti negativi raccontati nel libro. Ma il suo autore smentisce questa ipotesi e da la sua spiegazione. «Non penso che viviamo immersi in un giusto terrore – osserva Alessandro -. Il titolo è la traduzione in citazione di just terror, espressione jihadista usata in contrapposizione a un’altra espressione: just war. Insomma la logica e propaganda dei terroristi dell’Isis è questa: se voi americani chiamate i bombardamenti sui civili in Iraq guerra giusta, noi chiamiamo i nostri attentati nelle città europee terrore giusto».

Ma è lo stesso autore del libro a suggerirci un’altra chiave di lettura. «Per me è tuttavia necessario intendere just non solo come aggettivo ma anche come avverbio (pensiamo all’espressione just kids, solo bambini) e dare così un altro significato al titolo. Giusto terrore è pure solo terrore, come di un “fantasma” possiamo dire: è solo un uomo con un lenzuolo in testa». Un invito a recuperare la giusta lucidità. A guardare la realtà consapevoli del fatto che le paure, come i fantasmi, sono creazioni della nostra mente. E in quanto tali, possono essere smascherate.

Michele Lamonaca

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