Cosmopolis, un giro in macchina con i “nuovi padroni”

La notizia della crisi scoppiata nel 2008 non deve averlo sorpreso più di tanto. Don DeLillo ha saputo leggere in anticipo i segnali dell’infezione finanziaria in circolo nel corpo sociale dell’America. DeLillo e la sua letteratura hanno colto nel segno làddove i sacerdoti della pseudoscienza chiamata economia hanno fallito miseramente.

Cosmopolis
Don DeLillo

Cosmopolis, scritto nel 2003, è ambientato nell’anno 2000, l’alba del nuovo millennio che ha stravolto le nostre vite con l’attacco alle Torri gemelle e lo scoppio di una bolla tra le più devastanti della storia.
Un romanzo breve, ma denso come un buco nero, che risucchia il lettore nei gorghi della speculazione finanziaria messa in atto dal protagonista Eric Packer, immerso nella cornice ingombrante e chiarificatrice della città di New York. Un circo a tre piste, bizzarro e folle, dove ogni incubo o sogno è possibile.

Cosmopolis: il centro del Mondo

La vera protagonista del romanzo è la città che più di ogni altra merita l’appellativo di “centro del mondo”. Quel mondo in cui le diseguaglianze sociali continuano a crescere senza freni perché pochi privilegiati continuano ad accumulare ricchezze smisurate sulla pelle della maggioranza costretta a vivere con crescente disagio. DeLillo ci fa salire a bordo di una limousine bianca in compagnia di Eric Packer e ci conduce in visita guidata a Manhattan, centro del centro del mondo. Un viaggio all’ombra dei grattacieli che sviluppano la città in verticale, toccando il cielo in tono di sfida. La sfrontatezza di queste torri gigantesche è la stessa degli uomini che le abitano. Esseri ambiziosi e sventati oltre ogni ragionevolezza.

Le banche, i fondi di investimento e Wall Street, dove i giochi di mercato mettono a rischio le economie di intere nazioni, compongono l’habitat che alleva predatori afflitti da delirio di onnipotenza. Menti ossessionate dalla sete di denaro che a sua volta è stato trasfigurato in un serie di cifre da ingrossare mentre le si guarda su un display. La finanziarizzazione della vita ha trasformato l’impiego dei soldi in un video game. Ha reso il denaro fine a se stesso nascondendo agli occhi dei grandi speculatori gli effetti disastrosi sulla vita reale del suo impiego indiscriminato.

Nella cosmopoli dove tutto – cultura, moda, tecnologia – acquista un carattere universale, l’umanità si muove a velocità folle, in fiumi di gente indifferente verso il prossimo. A questo flusso continuo fa da contraltare la staticità dei barboni, dei diseredati, delle persone che vivono arrangiandosi, vendendo roba recuperata chissà come e rivenduta a poco. Il rumore incessante dei clacson risuona nell’aria come un urlo ancestrale. Un caos organizzato che diventa parossistico quando l’uomo più potente del mondo, il Presidente degli Stati Uniti d’America, giunge in città per un visita, portandosi dietro blocchi stradali, transenne, volanti della polizia a sirene spiegate e agenti della sicurezza vestiti di nero.

Cosmopolis
Wall Street

Il centro del mondo è necessariamente luogo di scontro per coloro che vorrebbero cambiarlo. E così Eric Packer, al sicuro nella sua limousine super tecnologica e sorvegliata da guardie del corpo nerborute, si ritrova nel bel mezzo di una manifestazione violenta organizzata dai no global. Nascosti dietro passamontagna, i manifestanti spaccano le vetrine del banche, imbrattano la città con bombolette spray, assaltano il palazzo del Nasdaq, ingaggiano una lotta feroce con la polizia, fanno esplodere una bomba davanti all’ingresso di una banca d’affari. E tutto in diretta tv.

La protesta raggiunge il suo culmine e si tinge d’orrore quando un uomo si da fuoco con la benzina, aizzando il circo mediatico dell’informazione, delle televisioni. L’immagine del suo corpo in preda alle fiamme rimbalza sui mega schermi della Grande Mela, sulle televisioni di tutto il mondo, sugli schermi installati nell’auto di Packer.

New York genera e legittima ogni esagerazione, ogni eccentricità. Il funerale di Brutha Fez, rapper di ispirazione sufi, si trasforma in una sfilata grottesca e surreale, degna del Fellini più visionario. I suoi loop antimaterici, la sua voce che canta in punjab, urdu e nell’inglese dei neri da strada, accompagna nelle vie del centro il corteo composta da politici, cantanti, attori, suore, breakers. Solo l’arte sincretica di un rapper ascetico, morto per problemi cardiaci e non per un colpo di pistola, riesce a mettere d’accordo e a quietare quel bestiario umano, quel minestrone di razze e religioni che è New York. Una tregua che dura solo il tempo di un funerale.

Cosmopolis: i nuovi padroni

In questa babele in cui tutto è misurato in denaro, basta una giornata e il delirio di onnipotenza di un solo uomo per scatenare la tempesta perfetta che spazzi via miliardi di dollari e le economie reali.

Un uomo come Eric Packer, 28enne aitante palestrato e sessualmente iperattivo, che appartiene alla casta dei finanzieri senza scrupoli, quelli che si credono i “nuovi padroni” del mondo. Nonostante la giovane età, Eric è il boss miliardario che gestisce un ricchissimo e potente fondo d’investimento, la Packer Capital. Inoltre è sposato da ventidue giorni con una poetessa di scarso valore che appartiene ad una ricchissima famiglia di banchieri europei. L’unico lampo di umanità è nascosto dietro la sua decisione di tagliarsi i capelli a Hell’s Kitchen. Nel negozio di barbiere vicino all’edificio in cui è cresciuto suo padre.

Cosmopolis racconta il giorno della sua speculazione finanziaria sullo yen, che comincia di buon mattino, dopo aver abbandonato il suo attico a tre piani con piscina, palestra e vasca dello squalo. Eric prende in prestito valuta giapponese a bassissimo tasso d’interesse per speculare pesantemente in titoli ad elevato potenziale di rendimento. Gioca la partita a poker della vita, sena muoversi dalla sua Limousine, dove non manca nulla, neanche il cesso. L’abitacolo ospita così tanti schermi da sembrare un’opera di video scultura. Mentre li osserva gioca a fare Dio, tenendo sotto controllo numeri multicolori, tabelle e diagrammi, in attesa che la sua scommessa si realizzi. Lo yen cresce, e più si alza più soldi gli servono per restituire il prestito. Lo yen deve cadere. E’ su questo che ha deciso di puntare tutta la sua fortuna.

Anni prima, quando annunciava sul suo sito web le sue previsioni sull’andamento borsistico riuscendo ad influenzarlo, giocava a scrivere la storia. Adesso è convinto di prevedere il futuro con i suoi modelli matematici ispirati alla natura, agli anelli di un albero, alle spirali galattiche, ai semi di girasole. E ci riesce perché Eric Packer ha grandi qualità. Un talento sprecato a fare soldi, che lo ha trasformato in un essere freddo e distaccato come le rassegne elettroniche dei pannelli digitali. Quelli affissi sulle sedi degli istituti finanziari. Nei quali scorrono dati, numeri, sigle, frazioni decimali e il simbolo stilizzato del dollaro. Ragionando in zeptosecondi per intuire l’andamento di una moneta o di un titolo azionario, confonde il presente con il futuro e si scolla dalla realtà. Anestetizza i propri sentimenti intrattenendo con gli altri rapporti esclusivamente utilitaristici.

Cosmopolis – Film di Cronemberg – Fonte: temi.repubblica.it

Mediante una scrittura meditativa, con le sonorità uniformi di un rumore bianco, DeLillo ci racconta il viaggio di Eric lungo le avenue di Manhattan alla ricerca di una vittoria straordinaria. Troppo importante per dar peso alla “minaccia attendibile” di morte contro la sua persona, che ha allertato la scorta.

In un’atmosfera metafisica, chiuso nella sua auto, Eric incontra i collaboratori che lo stanno aiutando a vincere la partita della vita. Fa visita alla sua amante storica, dalla quale ha imparato ad apprezzare la pittura, allargando la voglia di possesso e accumulo al campo artistico. Incrocia più volte e sempre casualmente sua moglie Elise Shifrin – eccentrica e smarrita – con la quale ha un rapporto da costruire perché il loro inizialmente è stato più un contratto che un matrimonio.

Eric gode alla notizia che il presidente del Fondo Monetario Internazionale è stato ucciso in un attentato mentre era in Corea del Nord. E che Nikolaj Kaganovic, magnate russo nel settore dei media, ha fatto la stessa fine dopo essere stato crivellato di colpi davanti alla sua dacia. Il primo non gli stava simpatico, del secondo era amico e allo stesso tempo gli invidiava la ricchezza, la scaltrezza e la forza fisica. Al mondo ci deve essere solo un Eric Packer.

E intanto, attorno a lui, New York si muove frenetica. Folle come il set cinematografico dove trecento persone si stendono sull’asfalto completamente nude o come il teatro abbandonato dove centinaia di ragazzi strafatti danzano sulla musica fredda e ripetitiva di un Techno-Rave.

Bennon Levin e la nemesi

Quando è ormai sera, Eric ha perso tutto, anche i soldi di sua moglie. La quotazione dello yen non è mai scesa. Il suo destino è segnato. La sua insana volontà di onnipotenza si tinge di nero. Uccide a sangue freddo Torval, la guardia del corpo. Poi trova un attimo di pace nella bottega dell’anziano barbiere di Hell’s Kitchen, dove da bambino suo padre lo accompagnava a tagliarsi i capelli. Una breve pausa prima di consegnarsi inconsapevolmente nelle mani dell’uomo che lo ha minacciato di morte e che abita a pochi metri dal garage delle limousine, dove Eric decide di interrompere il suo viaggio.

Benno Levin è un suo ex dipendente, licenziato senza preavviso e senza liquidazione.
Nel suo diario racconta la propria inadeguatezza in quel mondo di iene. La sensazione d’essere osservato e deriso per la sua figura trasandata. Non in linea con la cura maniacale dell’immagine a cui aderiscono i venditori di fumo che lavorano alla Pack Capital. Adesso vive in un edificio abbandonato. Raccoglie scarti, ruba la corrente e controlla ossessivamente i pochi spicci rimasti sul conto per “mantenere un effetto psicologico”. Ma non lo fa entrando in banca. Si vergogna troppo. Preferisce farlo allo sportello automatico.

Cosmopolis
Wall Street

Adesso si nasconde sotto il suo asciugamano, indossato come un sudario. Ha perso l’autostima. Vive rintanato nella sua catapecchia come un piccolo animale indifeso. Difronte a Eric imbraccia un’arma, ma la fa con impaccio. E’ ancora ossessionato dal potere dei soldi, quelli che credeva di guadagnare a palate abbandonando il suo posto di assistente informatico in un collegge. Ha cercato e voluto il mondo della finanza che lo ha precipitato nella pazzia e nell’indigenza. Benno Levin somiglia a uno dei quei broker andati in malora con la crisi del 2008. A uno di quegli uomini che hanno dovuto abbandonare l’ufficio reggendo tra le braccia lo scatolone degli effetti personali, per finire chissà dove e chissà come.

Eric Packer ha perso tutto per la sua boria mettendo in pericolo un intero sistema perché il suo fondo era collegato a tanti istituti chiave. Benno Levine ha perso tutto per la crudeltà della Packel Capital e del mondo che essa rappresenta. Dentro scoppia di rabbia repressa. Tocca a lui vestire i panni della giustizia punitrice, a cui Eric Packer si consegna non per pentimento, ma solo perché ha perso l’eccitazione dell’istinto rapace e non ha la voglia di ricominciare da capo, senza un soldo.

Testo di Michele Lamonaca

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