Il martin pescatore si fionda in basso, punge appena il pelo dell’acqua, e ritorna sullo stelo con un gamberetto recalcitrante, stretto nel becco. Quando la taglia della preda è monoporzione, come in questo caso, il martin pescatore adulto manda giù il boccone, infischiandosene del suo piccolo, a cui tocca molto presto imparare a cavarsela da solo. L’egoismo di un esserino così grazioso mi sorprende.
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Sul testone in bianco e nero di Deng Xiaoping gli occhi imperscrutabili sono stretti come feritoie.
Poi le immagini si colorano. Siamo nel 1979, il leader della Repubblica Popolare Cinese è volato negli Stati Uniti per sbandierare ai quattro venti “l’apertura” del suo paese all’Occidente. Jimmy Carter, a destra, sorride mostrando i suoi dentoni bianchi; Deng Xiaoping, a sinistra, risponde con cortesia, mentre si stringono la mano. Il dato è tratto. Deng ha scelto e imposto l’economia socialista di mercato per tirar fuori il dragone cinese dall’obsolescenza cui lo aveva costretto l’ideologia di Mao.
Improvvisamente si colorano anche le immagini provenienti dalla Cina. Dieci anni dopo, nelle strade di Pechino, non ci sono più formichine con addosso la stessa divisa grigio polvere, ma uomini e donne con magliette, camicie, pantaloni e gonne variopinte, come le insegne dei negozi che cominciano a spuntare come funghi. Sul Palazzo della Città Proibita c’è ancora la foto monumentale di Mao, unico ricordo di un mondo messo da parte dalla voglia di benessere e crescita economica. Il governo mette a disposizione capitali, e manodopera a costi irrisori. Gli occidentali arrivano in massa per investire, portando il know-how.
Nel 1989 si respira un’aria nuova, un’aria di libertà, e gli studenti, galvanizzati dalla glasnost sovietica voluta da Gorbaciev, scendono in strada per chiedere la democrazia e il multipartitismo. Ma Deng Xiaoping non ha mai parlato di democrazia. Il potere deve restare nelle mani del Partito Comunista. E così ordina ai carri armati dell’esercito di reprimere con la forza la protesta di piazza Tienanmen. .
Mi coglie una riflessione fulminea, che arriva fino ai giorni nostri, alla nuova via della seta, al termine della quale mi vien da pensare che Deng Xiaoping sia stato l’uomo politico più importante degli ultimi quarant’anni. Vado a memoria e non riesco a trovarne un altro che abbia preso decisioni talmente rivoluzionarie da cambiare per sempre gli equilibri geopolitici del pianeta e la vita di miliardi di persone, come è accaduto al suo “socialismo con caratteristiche cinesi”.
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Il martin pescatore è volato via. Al suo posto c’è un avvoltoio appollaiato su un ramo. Volatile brutto e goffo quando non prende il volo, l’avvoltoio è elegante e maestoso, quando dispiega le enormi ali per librarsi in aria alla ricerca di carcasse, sfruttando le correnti ascensionali.
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Testo di Michele Lamonaca
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