Fight Club e Serotonina: come e perché stiamo impazzendo

Il fascino dei due protagonisti partoriti dal talento disturbante di Chuck Palahniuk e Michel Houellebecq sta nelle loro tribolazioni esistenziali e nelle disavventure piene di eccessi che ne scaturiscono. Così paradossali da oltrepassare la soglia della ragionevolezza, fino a compromettere la sanità mentale di entrambi.

L’alienazione sul posto di lavoro, il rifugio nei beni di consumo, l’insoddisfazione cronica che ostacola, come un costante rumore di fondo, il tentativo di un’esistenza serena, appartengono al carniere delle esperienze comuni a tutti gli individui sparsi su quella parte del globo dove le barriere naturali e l’arretratezza non hanno impedito l’arrivo dei grattacieli, degli ipermercati e della pubblicità. Per questo motivo i protagonisti di Fight Club e Serotonina, dopo aver raccontato in prima persona le proprie vicende con voce ironica e sberleffi, per un verso o per un latro ci rimangono appiccicati addosso.

Il primo è uno psicotico acclarato, affetto da personalità multipla. Il secondo è un nevrotico tendente alla psicosi. E a farli ammalare è la civiltà alla quale appartengono, tema fondante di entrambi i romanzi. Attorno a questo medesimo orizzonte di senso, raffrontando le due opere letterarie, assistiamo alla coincidenza di numerosi elementi narrativi.

Tyler Durden e Florent
Torre di Babele – Pieter Bruege

Il simbolo delle torri

Il protagonista di Fight Club è un signor nessuno di trent’anni del quale non sapremo mai il nome, al contrario del suo alter ego patologico, Tyler Durden. Vive su un grattacielo, dentro un appartamento dove due spanne di cemento e le finestre chiuse ermeticamente gli consentono di escludere asetticamente il mondo esterno. All’inizio della storia si trova al centonavantunesimo piano del Parker-Morris Building, in una non meglio precisata metropoli statunitense; «l’edificio più alto del mondo» è il simbolo della civiltà che la parte più recondita del signor nessuno vuol demolire con esplosivo al plastico fatto in casa.

Il protagonista di Serotonina si chiama Florent-Claude Labrouste e di anni ne ha quarantasei. Anche lui, all’inizio della storia, vive in un anonimo grattacielo alla periferia di Parigi. E dopo un lungo peregrinare alla ricerca di se stesso e delle persone che ha amato, torna a rifugiarsi nel monolocale di uno dei tanti grattacieli del XIII Arronddissement che «si assomigliavano tutti»; come «un animale” che «si cerca una tana per andarvi a concludere la propria vita». Entrambi gli autori vedono in questi giganti che si innalzano verso il cielo, non più solo la versione moderna della Torre di Babele, simbolo della superbia degli uomini, ma il santuario verticale e senza identità di individui soli e tristi, che necessitano di celle d’isolamento per dimenticare l’insopportabile fatica di vivere.

Fight Club e Serotonina
Generazione X di Douglas Coupland

La famiglia: Generazione X contro Baby Boomer

Tra le righe del loro monologo interiore, sebbene mai in maniera esplicitata, si apprende come il destino dei due protagonisti venga indirizzato verso la sconfitta fin dal principio, a causa del rapporto con i loro genitori. Entrambi sono figli unici, entrambi appartengono alla Generazione X, progenie ai margini della storia data alla luce dai Baby Boomer, esercito di uomini e donne addestrati a una vita futile dal benessere post bellico e dalla macchina propagandistica dei mass-media, abbandonando la prole davanti al televisore.

Il signor nessuno di Palahniuk porta dentro di se il fardello di un padre che lo ha abbandonato all’età di sei anni, per dedicarsi alla creazione di altri nuclei familiari in giro per l’America come fossero filiali della stessa azienda. Del brevissimo periodo in cui ha avuto un padre ricorda solo le avvilenti manifestazioni di un rapporto incrinato tra coniugi, che evitano di sostare nella medesima stanza e costringono il loro unico figlio al ruolo di corriere per scambiarsi messaggi, l’unica forma di comunicazione rimasta in piedi nel rapporto di coppia. Il signor nessuno non ricorda una sola frase degna d’essere ricordata come insegnamento. «I miei non dicevano mai niente che ti verrebbe voglia di ricamare su un cuscino». Il tema dell’abbandono paterno scorre come un fiume sotterraneo lungo tutto il libro, per riaffiorare con momenti di sconforto, rabbia e cinico disincanto.

La situazione familiare di Florent sembra immune dalla sciatteria subita dal signor nessuno. Ma le pagine in cui compaiono i suoi genitori rivelano un rapporto superficiale e altrettanto dannoso. Florent sembra non esserne cosciente. Ma un primo fondamentale indizio ci viene servito nelle prime pagine del romanzo, quando confessa la sua profonda avversione per il nome affibbiatogli dai suoi. Il primo atto della genitorialità marchia Florant con la fragilità esistenziale. L’impossibilità di disfarsi del nome odiato si riflette nella sua incapacità di ottenere qualcosa di buono dalla vita.

Florent si precipita nel discolpare i genitori e tessere le loro lodi, ma le altre poche pagine in cui il notaio di provincia e la casalinga dai buoni studi fanno la loro comparsa, rivelano una differenza sostanziale tra la complicità amorosa della coppia, fatta di «magia» e «telepatia», e l’attenzione riservata al figlio, prodiga a livello materiale per compensare l’esiguità dell’approccio affettivo, come se la nascita di Florent fosse stato un atto dovuto in rispetto alle convenzioni sociali, piuttosto che il frutto di un sano e sentito desiderio di genitorialità. Il giovane signor nessuno e il giovane Florent sono come due calciatori che entrano in campo pieni di acciacchi per giocare la partita della vita.

Fight Club e Serotonina
Realizzazione sul lavoro

La mancata realizzazione personale

I due eroi, affettivamente malconci, si avventurano nel mondo privi di quegli insegnamenti e di quel calore umano necessari per schermare il cinismo della società nella quale cercano la propria realizzazione personale.

Il signor nessuno di Palahniuk è un coordinatore di operazioni di ritiro dal mercato per conto di un’azienda automobilistica. Il suo impiego lo costringe ad una ripetitività agghiacciante, facendolo sentire come quelle scimmie lanciate nello spazio, che ripetono lo stesso lavoro per il quale sono state addestrate, «tiri una leva. Schiacci un bottone. Non ci capisci niente e a un certo punto muori e basta».

Il suo compito è raggiungere i luoghi degli incidenti mortali, assicurarsi di quanto accaduto e calcolare con la solita formuletta se conviene ritirare le auto o sostituire i pezzi difettosi oppure indennizzare le vittime. Alienato dal mondo «mono porzione» dei suoi viaggi di lavoro, cerca la perfezione, la completezza e quindi la felicità rifugiandosi disperatamente nel suo bel appartamento arredato con mobili svedesi, nel suo guardaroba firmato e nella sua bella macchina.

Florent sembra aver avuto maggior fortuna. Laureato in Agraria per sua volontà, tenendo fede ai suoi ideali, ha un lavoro ben retribuito presso il Ministero dell’Agricoltura francese. Ma qui, come nelle sue precedenti esperienze presso la Monsanto e il consorzio nato per commercializzare all’estero i formaggi della Normandia, le aspettative iniziali cedono il passo a una sconfortante delusione. Ridotto a ingranaggio dell’agroindustria, le sue note e i suoi prospetti, pensati per tutelare le scelte dello stato francese, suggerendo politiche improntate all’economia circolare e alla salvaguardia dei produttori locali, vengono puntualmente disattesi dai negoziatori, asserviti all’aumento della produttività e del profitto.

Le anime stordite di Florent e del signor nessuno diventano terreno fertile per un disordine psichico. Ma non della stessa natura. Ed è qui che risiede la differenza sostanziale tra i due protagonisti, tra l’orizzonte di senso evocato dai due autori.

Fight Club e Serotonina
Tyler Durden e il signor nessuno (Fight Club – film) – Fonte: lascimmiapensa.com

La mente si ammala

L’anonimo impiegato di Palahniuk cova dentro di se la voglia di ribellarsi allo stato delle cose. Lo spirito di rivalsa è talmente potente da trovare uno sbocco nel parto di una seconda personalità, questa sì, degna di un nome, Tyler Durden, a cui la parte anonima assegna il compito di realizzare quella rivolta che finisce per sfociare in un’operazione eversiva, terroristica. Tyler Durden comincia con il sabotare i piatti prelibati di cene lussuose pisciandoci dentro, la visione di film per famiglie con fotogrammi di organi sessuali rubati a film porno.

Fonda il Fight Club dove riscopre assieme ad altri signor nessuno della middle class la vitalità animalesca, la consapevolezza della morte e il coraggio sepolti dalle loro vite polverose, anestetizzate dalla civiltà in cui le cose che possiedi alla fine ti posseggono. L’odio represso del signor nessuno suggerisce a Tyler Durden la recluta di un esercito ribelle di «scimmie spaziali» tra i membri del Fight Club, di cui ha aperto filiali a non finire in giro per il Paese, per realizzare il «Progetto Caos». L’obiettivo ispirato alla filosofia anarco-primitivista è prendere a calci il mondo ereditato dai genitori, per rispedirlo indietro all’età della pietra.

Se il protagonista di Fight Club possiede ancora, seppur rimosso e scacciato nell’inconscio, la voglia e la forza di cambiare il mondo, Florent è afflitto da un senso di impotenza che si cronicizza fino a diventare disturbo della personalità.  I sogni andati in fumo lo privano «sia di motivi per vivere sia di motivi per morire». Chiede aiuto alla medicina che gli diagnostica uno stato depressivo e pensa di poterlo risolvere prescrivendo il Captorix, un antidepressivo. La serotonina aumenta quel tanto che basta per congelare e allentare sofferenza e stanchezza, ma allo stesso tempo riduce il testosterone fino ad azzerare la sua libido.

Continua a vivere, sostenuto dai medicinali in uno «stato stabilizzato, benché tetro», ma non è più un uomo. Scopre più in là, grazie all’analisi dei dosaggi ormonali, che il suo organismo sta producendo una quantità sorprendente di cortisolo. «Ho la sensazione che lei stia molto semplicemente morendo di tristezza», gli spiega il medico. Lo sconforto, l’avvilimento per se stesso e per il mondo hanno preso una consistenza fisiologica. Florent alza bandiera bianca. Per lui è impossibile cambiare il mondo. Non saprebbe da dove cominciare e comunque lo ritiene uno sforzo inutile. Meglio ripiegare sulla premeditazione del proprio suicidio.

Fight Club e Serotonina
New York

Fight Club e Serotonina: gli eventi spartiacque

L’impegno eziologico di Palahniuk e Houellebcq conduce alle medesime cause circa la condizione patologica in cui versano i due protagonisti, nonostante la loro distanza nel tempo e nello spazio. Tra le pubblicazioni c’è una distanza di ventitré anni.

Fight Club, edito nel 1996, è ambientato negli Stati Uniti. Le vicende di Serotonina, edito nel 2019, avvengono in Francia «sul finire degli anni 2010» . Ma le assonanze sono talmente evidenti da fugare ogni ipotesi di casualità. Il mondo così com’è fa ammalare la mente. La differente pazzia che colpisce i due protagonisti va ricercata negli eventi spartiacque che dal 1996 si sono succeduti fino ad oggi.

Il Movimento No-Global nato ufficialmente a Seattle nel 1999, in occasione della Conferenza Ministeriale dell’OMC, profetizzato nelle istanze e negli aspetti più violenti da Palahniuk con il Progetto Caos di Tyler Durden, aveva preannunciato l’orrore della globalizzazione neoliberista, ma è stato soffocato dalla repressione, diventata sanguinaria a Genova nel luglio del 2001 durante il G8.

L’11 settembre dello stesso anno, l’attacco alle Torri Gemelle ha stravolto gli equilibri geopolitici del pianeta. La paura ben pubblicizzata ha dato carta bianca ai governi dell’Occidente nell’accrescere a dismisura la politica e l’industria della sicurezza. Poi nel 2008 è arrivato lo tsunami della crisi finanziaria che ha ridimensionato drammaticamente le condizioni economiche della classe media e aumentato la forbice tra poveri e ricchi. Assieme a milioni di posti di lavoro e a una parte sostanziosa dell’economia reale, è andata in fumo anche la certezza del benessere nel quale l’Occidente si è crogiolato per oltre sessant’anni. Sulla classe media si è abbattuta come una tempesta, tutt’ora in corso, la precarizzazione dell’impiego e quindi dell’esistenza stessa.

A distanza di dieci anni la consapevolezza di non poter cambiare il mondo sta avvelenando il sangue degli occidentali, spingendoli a votare chi promette la salvezza con l’isolazionismo e l’egoismo. Tyler Durden ha fallito. Non è riuscito in alcun modo a cambiare le cose. Il risultato è l’abbandono di ogni speranza incarnato da Florent, il quale non crede che “un altro mondo è possibile”, come urlava il Popolo di Seattle. Ciò che gli resta da fare è raccontare la sua lenta e mortale agonia in un libro da lasciare ai posteri.

Le storie di Fight Club e Serotonina, pur contenendo due mondi irrazionali, sproporzionati e intemperanti, frutto dell’immaginazione degli autori, non sono meno probabili della realtà che eccede sempre la fantasia. Rileggerli, cercando similitudini e differenze, è un modo per guardare senza filtri noi stessi e la realtà in cui viviamo, dalla quale non si sfugge rinchiudendoci in una torre.

Testo di Michele Lamonaca

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