La cresta dell’onda: Pynchon e la verità sull’11 settembre

L’ultimo romanzo di Thomas Pynchon ha l’ambizione di contenere la New York di quel tragico 2001, insanguinata dall’attacco alle Torri Gemelli. Una parte per il tutto, perché La cresta dell’onda, pubblicato nel 2013, possiede la complessità dell’opera-mondo.

La protagonista della storia è Maxine Tarnow, investigatrice antifrode a cui hanno ritirato la licenza, aumentando di fatto l’appetibilità dei suoi servizi nel campo dei raggiri fiscali e amministrativi. Siamo a New York, nella primavera del 2001. Le macerie dopo il disastro della tecnobolla finanziaria che ha investito le dot-com sono ancora fumanti.

Il regista Reg Despard, vecchia conoscenza di Maxine, le chiede di indagare sulla hashslingrz, una società di sicurezza informatica, e sul suo amministratore Gabriel Ice, anima nera del romanzo. Despard si è imbattuto in registrazioni contabili poco chiare e intanto Ice continua a guadagnare vendendo la banda larga, nonostante il crollo del mercato. Maxine scopre il trasferimento di soldi dalla hashslingrz agli Emirati Arabi attraverso una selva di conti offshore. Si lancia così all’inseguimento del denaro sporco, avventurandosi in un rebus senza soluzione, che ruota attorno alla tragedia dell’11 settembre.

La cresta dell'onda
La cresta dell’onda – Fonte: ibs.it

Il mondo del Nuovo Millennio: la cresta dell’onda

Chi meglio di Pynchon avrebbe potuto affrontare la materia oscura dell’attacco alle Torri Gemelle senza impantanarsi nel solo evento di cronaca. Il titolo originale del romanzo è Bleeding Edge, tecnologia in versione beta talmente nuova da essere ancora inaffidabile e rischiosa. Il tema affrontato da Pynchon non è il terrorismo di Bin Laden e di Al Queda ma la condizione socio-ambientale a cui si deve la riuscita dell’attentato terroristico più funesto della storia. Il romanziere statunitense usa Maxine e la sua indagine per raccontare il mondo del Nuovo Millennio. Un sistema fondato sulla cultura digitale, il cui pilastro è essenzialmente il software. La cultura del XXI secolo è scritta con il codice, al quale si deve il rimodellamento delle pratiche sociali. Dall’economia all’istruzione passando per l’intrattenimento, non c’è settore che non si avvalga di applicazioni informatiche. Il software è il collante della società contemporanea.

Pynchon lo sa bene e racconta l’onda ingovernabile dello sviluppo tecnologico che incide profondamente sulla vita delle persone con la simulazione della realtà, e che rende ambiguo il destino della Rete. Il romanzo ci pone difronte a questioni spinose come l’oscillazione tra democratizzazione e controllo oligarchico del cyberspazio, dove intanto i grandi complotti postmoderni hanno trovato una poderosa cassa di risonanza. La controinformazione sui blog e sugli altri social media dipinge il presente alla stregua di un complotto pynchoniano su scala globale.

La somiglianza dell’ultimo romanzo con la sua prima opera letteraria, L’incanto del lotto 49, è evidente. In entrambi i casi una donna è chiamata suo malgrado a risolvere un mistero, complicato da una rete intricata di loschi affari e teorie complottiste. Ma tra le due opere c’è una differenza sostanziale. Nel primo romanzo, pubblicato nel 1966, Pynchon usa la finzione quale metafora della realtà. Nell’ultimo la finzione serve a raccontare la realtà storica. Ma non quella della versione governativa, e nemmeno quella dei giornali e della televisione. Pynchon guarda «ai margini, ai graffiti», alle «dichiarazioni incontrollate», agli «incubi di quelli che dormono in pubblico e urlano di notte», e racconta il tardo capitalismo: «un racket piramidale su scala globale». Lo tzunami della tecnobolla che si è abbattuto sulle dot.com ha risparmiato solo gli squali, gente pronta mettere a repentaglio la sicurezza nazionale pur di costruire fortune colossali, sfruttando nerd pieni di idee.

Maxine s’immerge nel mondo dei papaveri della tecno-finanza. Incontra geek sfigati che lavorano per nuove ditte destinate a chiudere dopo un anno e geek disposti a lavorare con la stessa facilità sia per Microsofit e Apple, che per la sicurezza nazionale, il Mossad e gli intermediari dei terroristi. Pynchon racconta in stile cyberpunk la Silicon Alley, area di Manhattan ad alto tasso di attività imprenditoriali e venture capital legate all’high-tech, così come Coupland racconta la Silicon Valley della West Coast californiana nel suo Microservi.

«Soldi veloci. Soldi nuovi, qualsiasi cosa» è il motto di chi lavora nel nuovo mercato, visto come la gallina dalle uova d’oro. Persone innocenti scendono a patti con le forze del male per «quattrini totalmente fuori scala rispetto a tutto quello a cui sono abituate». Ci sono nerd, pochi, che diventano straricchi. E molti altri che oltrepassato il punto di non ritorno, affondano nell’oblio.

La cresta dell'onda
11 Settembre – Fonte: meteoweb.eu

La verità sull’11 Settembre

Leggendo il romanzo di Pynchon si ha la speranza che almeno lui sappia dirci la verità sull’attentato al World Trade Center. Aspettativa che non viene delusa, a patto di saper leggere tra le infinite digressioni nelle vite dei numerosissimi personaggi chiamati ad animare il romanzo. Come è stato possibile dirottare due aerei di linea per schiantarli contro le Torri Gemelle, nel bel mezzo di New York, cuore pulsante della prima potenza militare mondiale? Pynchon spiega fin dall’inizio, con l’epigrafe di Donald Westlake in testa al romanzo, che la verità va cercata proprio a New York e nell’America di quegli anni, e non di certo oltreoceano, in paesi di sabbia e roccia dove i villaggi sono abitati da pastori e contadini che rispettano leggi tribali vecchie di millenni.

Nell’attacco alle Torri Gemelle, la città di New York è «il sospettato enigmatico, che conosce la verità ma non ha intenzione di dirla». Ciò che è successo nel settembre del 2001 non è ascrivibile esclusivamente alla crudeltà degli esecutori. Basta un po’ di buon senso per capire che in molti hanno quantomeno chiuso un occhio difronte alla minaccia terroristica, perché la guerra e la sicurezza nazionale sono fonte di guadagno e strumento di controllo irripetibili. A un certo punto Chandler Platt, uomo della finanza, parlando con Maxine ammette candidamente d’aver parlato con gente al corrente di quello che sta per accadere, «l’avvenimento», e che questa gente non muoverà un dito per impedirlo.

Ma Pynchon non si limita a denunciare la corruttibilità del sistema americano dove il denaro conta più della sicurezza nazionale. Il romanziere va più a fondo nell’indagare le condizioni socio-ambientali fino a toccare la disintegrazione dei valori che colpisce l’America a partire dalle nuove generazioni.

I figli di Maxine, per quanto siano intelligenti e ben educati, si divertono con videogiochi che simulano una realtà più terribile di quella prodotta dall’attacco alle Torri Gemelle. Modellano la propria percezione del mondo e dell’Altro con gli sparatutto. In una simulazione dettagliata della comunità newyorkese vanno a caccia di yuppies e altri stereotipi con armi che smaterializzano le vittime come in un film di fantascienza, acquisendo una percezione astratta e deresponsabilizzata della violenza. I newyorkesi imparano a odiare se stessi fin da piccoli. Giocando a Hydro Thunder si abituano ad una New York post-apocalittica, quasi interamente sommersa, da attraversare a bordo di motoscafi truccati e armati di cannoni, passando davanti alla «Statua della libertà incoronata di alghe» e «il World Trade Centere pericolosamente piegato».

Violenza e futuro distopico, grazie all’irresponsabilità dei programmatori e della case di software, e alla superficialità degli adulti, occupano il tempo libero dei ragazzini. La morte di quasi tremila persone, le restrizioni alle libertà personali, i conflitti internazionali che ne sono seguiti e tutto ciò che di terribile potrà ancora accadere negli anni a venire sono da imputare alla sete di denaro, vecchio corollario dell’ideologia capitalistica, e all’onda incontrollata della cultura digitale.

La cresta dell'onda
Silicon Alley (New York)

La Sinfonia dell’11 Settembre

Nell’opera-mondo di Pynchon la trama cede il passo alla vita. Ogni capitolo possiede l’autonomia delle puntate auto-conclusive delle fiction televisive. Costruito su più livelli, arricchito di trasparenze e sfumature, La cresta dell’onda assomiglia a un prodotto mediale realizzato con After Effect, software culturale per eccellenza, che ha cambiato per sempre il mondo delle immagini in movimento. Ad ogni personaggio, chi più chi meno, il romanziere riserva attenzioni che lo aiutano a superare lo stereotipo. Pynchon non si accontenta della caricatura e nemmeno del bozzetto. Dei buoni racconta le perversioni e dei cattivi le debolezze.

Il risultato è un romanzo che suona come una sinfonia di sequenze armoniche, ognuna scritta con una precisa scala modale. L’oscurità e la tensione negativa del Frigio percorrono le pagine dedicate alle teorie complottiste pre e post-attentato, quelle in cui Pynchon analizza il lato oscuro di Internet e del Web. Ernie, il padre di Maxine, vede nel mondo virtuale uno strumento che sta «divorando il nostro tempo prezioso». E mette in guardia sua figlia: dietro l’innocenza e la presunta libertà di Internet si nascondono i militari e le spie che hanno partorito il suo progenitore, Arpanet, con l’intento di controllare e reprimere.

Altrettanto pessimista, sebbene inaspettatamente, è il pensiero di Eric Outfield, geek geniale, convinto che da sempre nella storia di Internet ci sia «un che di fatale». Appartenendo a quel mondo, sa che i progettatori di software lavorano a creare dipendenze negli utenti con «acquisti, giochi, masturbazione, streaming di schifezze senza fine». L’obiettivo è creare una massa di «perdenti», pronti per essere raggirati dalle grandi dot.com.

Il modo frigio sale d’intensità con la figura di Gabriel Ice, principale antagonista di Maxine, e ancor di più in presenza dell’agente federale Nicholas Windust, sicario di un’agenzia governativa denominata Tango, che ha partecipato sotto copertura a missioni in Argentina e Guatemala. La figura di Windust evoca il peggio della politica internazionale statunitense e Pynchon stesso lo descrive come avvolto «da uno sfondo musicale pesante in scala frigia”.

Le sonorità si alleggeriscono, facendosi allegre, sognanti e anche un po’ malinconiche come il Dorico e il Mesolidio, grazie all’ironia onnipresente del romanziere statunitense e alle monellerie adolescenziali di Maxine. L’intelligenza e la vitalità racchiuse in un corpicino da urlo aiutano la protagonista a superare avventure impensabili in qualunque altra parte del mondo che non sia New York. Poi c’è tutto il resto: la compagnia delle amiche con le quali si trasforma in una pettegola grintosa e l’amore per i suoi due figli maschi.

Maxine è una donna passionale. Pur riconoscendo l’amore ancora vivo per l’ex marito Horst, valuta ogni altra possibilità, subendo persino il fascino misterioso che avvolge la figura di Windust. C’è una scena in particolare, nella quale mostra il coraggio, la fantasia e la spregiudicatezza che ne fanno un personaggio di cui è facile innamorarsi. Obbligata dalle sue indagini ad esibirsi in una pole dance appassionata, sotto le luci soffuse di un night club per nerd disperati, Maxine incontra il super geek Eric al quale si concede aiutandolo a sfogare le sue smanie podofile.

La cresta dell'onda
Tribute in Light

L’atmosfera acquista le sonorità misteriose ed esoteriche del modo Lidio quando entra in ballo il Deep Archer, software progettato dai geek Justin e Lucas, ancora in fase beta-test. Una sorta di Second Life nel quale immergersi con le sembianze di un avatar. Bleeding Edge ben si addice ad una innovazione tecnologica come il Deep Archer, che non ha ancora un preciso settore d’applicazione, tanto che i due sviluppatori sono incerti se renderlo open source oppure aumentarne la protezione. Come il Tristero, sistema postale clandestino inventato da Pynchon per L’incanto del lotto 49, anche il Deep Archer rappresenta una via di fuga dalla realtà. E’ il mezzo per sublimare l’attitudine psichedelica dei geek e degli hacker, intenti a navigare nel deep web preso di mira dalle grandi aziende informatiche, pronte a colonizzare il web sommerso.

Per tutta la durata della sinfonia orchestrata da Pynchon si avverte sottotraccia un’inquietante armonia in Locrio. Come in un film horror, annuncia che qualcosa di orribile sta per accadere. Pynchon dissemina il racconto di segni premonitori che richiamano una sciagura imminente, dal sentore pungente di apocalisse. Conkling Speedwell, «naso» professionista che aiuta la polizia impiegando le sue doti olfattive sul luogo del delitto, ha una collega proosmica. Con questa trovata geniale, Pynchon riesce in poche righe a farci drizzare i capelli. La donna riesce a preannusare cose che stanno per accadere. Preannusa la strage dell’11 settembre e ciò che sente la sconvolge. «Andava in giro già da settimane in uno stato di panico, col fiato corto, svegliandosi senza ragione».

Nell’aria coglie «un accordo tossico» mai sentito prima da altra persona vivente. É «come inalare aghi: amaro, indolico, caustico. Molecole brevettate, prodotti di sintesi, leghe, il tutto sottoposto ad un’ossidazione catastrofica». Forse è un incendio, ma la donna ha parecchia esperienza in fatto di roghi. Qualcosa di più terribile ed inimmaginabile sta per accadere. Qualcosa che la conduce sull’orlo della pazzia e la spinge a dire «a tutti di lasciare la città».

Le uniche parole che Pynchon dedica espressamente alla descrizione della carneficina avvenuta quel martedì mattina bastano a suscitare nell’animo del lettore quell’impressione violenta di ribrezzo e paura provata difronte alle immagini dell’attacco alle torri. Purtroppo l’armonia locria proiettata nel mondo da quel giorno di settembre continua ancora a risuonare nelle nostre vite e nussuno sa quando riusciremo a cambiare finalmente musica.

Testo di Michele Lamonaca

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