Luigi Lanotte:«Solo pittura astratta, l’Italia dimentica la sua tradizione»

La riproducibilità dell’arte e la sua conseguente mercificazione a basso costo per soddisfare le richieste senza pretese della società di massa si è abbattuta sui veri artisti, quelli che sono consapevoli d’essere principalmente artigiani. Coloro i quali interpretano il proprio lavoro come accadeva un tempo nelle botteghe dei maestri rinascimentali.

Luigi Lanotte
Luigi Lanotte – Foto di Angelo Chiariello

Gli strumenti critici necessari per distinguere la vera arte dal goffo tentativo di replicarla sono purtroppo ad appannaggio di pochi. Il rapporto tra l’individuo e le arti è diventato approssimativo.

L’astrattismo e il concettuale hanno creato l’illusione del lavoro artistico improvvisato, che non necessita di studio e ricerca. Ma dietro la vera arte si nasconde un lavoro durissimo e quotidiano, nel quale l’artista-artigiano è in grado di usare con sapienza materiali, strumenti, conoscenza, capacità ed esperienza. Solo così può nasce un’opera in grado di offrire un’emozione estetica che trascende la realtà, partendo da un punto di vista unico e inusuale.

Luigi Lanotte
Anima misteriosa – Tecnica mista di Luigi Lanotte

Qualità insite nelle opere del mio amico pittore Luigi Lanotte. A lui il diploma all’Accademia delle Belle Arti di Foggia non è bastato. La sete di conoscenza e il desiderio di migliorarsi lo ha spinto a frequentare la Florence Academy of Art di Firenze, una delle più prestigiose al mondo, diplomandosi a pieni voti e specializzandosi nella tecnica del disegno e della pittura del realismo ottocentesco.

Luigi ha scelto di dedicare la sua vita artistica al figurativo, concentrandosi principalmente sulla ritrattistica. Una scelta che in Italia appare anacronistica, nonostante sia la patria del Rinascimento, perché anche da noi astratto e concettuale vanno di moda. Una sfida che Luigi sta vincendo nonostante le tante difficoltà, grazie alla suo talento, alla sua bravura e alla sua tenacia.

Così ho deciso di intervistarlo, o meglio, di chiacchierare amichevolmente, per capire come funziona il mercato dell’arte pittorica, cosa pensa dell’arte contemporanea, e in quale direzione sta spingendo la sua ricerca artistica.

Luigi Lanotte
Luigi Lanotte – Foto di Angelo Chiariello

Il mercato e la pittura in Italia

Luigi Lanotte
L’avventuriera – Tecnica mista su tela di Luigi Lanottte

Per cominciare cerco di comprendere come vanno i suoi rapporti con i commercianti d’arte. «Ho grandi difficoltà con le gallerie», ammette lui stesso con un pizzico di delusione. «Puntano all’aspetto decorativo dell’opera, un quadro dev’essere funzionale a un interno, a una casa, a un luogo». Poi mi racconta delle sue esperienze. «Ho provato ad affacciarmi a Milano e a Ferrara, ma preferiscono l’astratto, l’informale». Una cosa assurda, considerato che i galleristi dovrebbero apprezzare e valorizzare un lavoro di qualità, che appartiene a una tradizione nobile e antica. Ma anche loro sono schiavi delle mode. «Purtroppo manca la figura del mercante d’arte che veniva in studio da te e comprava i quadri, un appuntamento che si rinnovava ogni mese», mi spiega Luigi. «Oggi vai in galleria, cedi l’opera in conto vendita e speri che qualcuno passi e se la compri. Invece il mercante, una volta che ti aveva scelto, puntava su dite. Con l’artista instaurava un rapporto confidenziale e viveva a pieno la sua attività artistica».

Altri tempi, quelli a cui si riferisce Luigi. Cancellati dalla necessità di assecondare le mode e le tendenze pur di far cassa. «Il rapporto con i galleristi è freddo, commerciale, si lasciano prendere poco dai sentimenti, seguono il mercato», conferma il mio amico pittore. E anche «il modo di esporre i quadri è cambiato; adesso l’opera dev’essere funzionale all’ambiente, alla galleria, e viceversa. Si fa attenzione al contesto, al contorno. Per assurdo si da più spazio all’installazione che ai pezzi. E può capitare che l’installazione attorno al quadro abbia più qualità dell’opera stessa». Insomma, mi par di capire che nelle gallerie d’arte si usa la stessa logica degli interior design: il quadro deve fare pendant con gli arredi. Deve richiamarne i dettagli, le linee, i colori.

Luigi Lanotte
Il mio amico Tisi – Pastello di Luigi Lanotte

Eppure, i paesaggi, le nature morte e soprattutto i ritratti sono in grado di trasmettere un’emotività introvabile nell’astratto geometrico o informale. «Per questo motivo – osserva Luigi – trovo più riscontri tra la gente che nelle gallerie».

Archiviata la questione legata all’aspetto commerciale del suo lavoro, gli chiedo cosa pensa della pittura e dell’arte contemporanea.  «A me non trasmette emozioni e ci leggo poca esperienza degli artisti; si disegna meno e trovo cadute professionali. Sono piene di pensiero ma dimostrano un calo estetico, stilistico e soprattutto tecnico. Si è perso ciò che la tradizione ci ha tramandato, oggi manca proprio il senso del disegno. Le installazioni rappresentano una rottura con il passato. L’artista crea opere decorative, ma non c’è un messaggio».

La parole di Luigi mi colpiscono e gli chiedo come è possibile che nel Paese dove sono nati Buonarroti e Caravaggio, il figurativo trovi così poco spazio, soprattutto tra coloro che vendono arte. «L’Italia ha dimenticato la sua tradizione», mi risponde senza esitare. Ed è colpa anche delle istituzioni che questa tradizione dovrebbero tenerla viva. Perché «nelle scuole pubbliche, nelle accademie non ci sono lezioni di anatomia, si lavora partendo dalle fotografie, senza modello. C’è troppa teoria e poca pratica, quando invece l’accademia dovrebbe essere un cantiere, un laboratorio artigianale».

Luigi Lanotte e la sua pittura

Così, messe da parte le dolenti noti, cerco di capire come e a chi vende le sue opere. «I social mi aiutano molto e poi c’è il passaparola. I miei clienti coltivano il gusto della bellezza dell’immagine e del disegno. Di solito sono persone oltre i cinquant’anni, tra loro è difficile trovare dei ragazzi. Paradossalmente, poiché mi differenzio dalla maggioranza, riesco ad attirare l’attenzione di gente che ha un grado di cultura elevato, che legge, viaggia e visita i musei». Gente che apprezza il suo stile «legato molto al realismo, inteso non solo come immagine», e ispirato a «Goya, Rembrandt, Antonio Mancini e Giovanni Boldini» .

Luigi Lanotte
Autoritratto con Rembrandt – Olio su tela di Luigi Lanotte

«Adesso mi interessa approfondire il gesto, la dinamicità dell’immagine – mi spiega Luigi – perché mi aiutano a comprendere la natura umana. Vorrei dipingere il pensiero e non solo ciò che vedo». Fino a qualche tempo fa, avendo studiato alla Florence Academy «ero un po’ troppo legato all’estetica», racconta l’artista. «Adesso sento un taglio troppo fotografico anche nelle grandi accademie del figurativo. Sento poca spiritulità nel riprodurre ciò che vediamo, senza dare spazio alle sensibilità. Adottando la logica accademica mi è successo di non emozionarmi più difronte al modello e ho deciso di cambiare».

Luigi Lanotte
Sorellina coperta – Acrilico su cartone di Luigi Lanotte

E così Luigi ha ribaltato il suo modo di vedere e sentire la pittura. «Ora punto all’interpretazione dell’immagine. Goya dava un pensiero alle persone che aveva davanti. E anch’io cerco di leggergli dentro. Le guardo e poi mi giro a pensarle attraverso il disegno. E mi capita di scoprire cose che le persone non sanno di avere. Tiro fuori sentimenti ed emozioni che tengono per se, che non vogliono mostrare. Sto lavorando su questo nel creare la mia poetica e la mia luce. Andare oltre la posa, – conclude Luigi – e cogliere un’espressione che appare solo per un momento. Catturare il pensiero della persona, non solo la sua figura».

 

 

 

Testo di Michele Lamonaca

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