Spider-Man 2 di Sam Raimi è il più bello di tutti

La guerra degli ultramondi cinematografici tra la Marvel e la DC Comics ha prodotto negli ultimi quindici anni una serie infinita di film provenienti dall’universo fumettistico dei supereroi.

Tra gli appassionati c’è anche il sottoscritto, impegnato come tutti nello star dietro alla produzione in serie di pellicole supereroiche, diventato nel frattempo un impegno gravoso quanto un lavoro par-time.

Nonostante l’avventura, il pericolo, la varietà degli antagonisti, gli scontri a colpi di superpoteri, sempre più leggendari, apocalittici e magnificenti, grazie agli effetti speciali che hanno raggiunto una perfezione stupefacente, mi ritrovo sempre con la stessa sensazione. Quella di aver assistito a puro intrattenimento, dal sapor industriale, dove la vita interiore dei personaggi rimane uguale se stessa, congelata nella successione ininterrotta di scene d’azione e nella divisione manichea tra bontà e cattiveria.

Ma come dice Donny Darko all’insegnante che vuole obbligarlo a catalogare ogni azione umana sulla linea della paura o sulla linea dell’amore, «ci sono altre cose che vanno prese in considerazione, non so… Lo spettro completo delle emozioni umane».

Secondo me, l’unico film di supereroi che riesce a farlo è Spider-Man 2, che ritengo sia ancora oggi il più bello dei superhero movie. La fantasia visiva del regista Sam Raimi si sposa alla perfezione con la splendida sceneggiatura del due volte premio Oscar Alvin Sargent. Senza dimenticare la faccia da bravo ragazzo di Toby Maguire, la bellezza verginale di Kirsten Dunst e lo sguardo bovino di Alfred Molina che completano l’opera con il loro talento.

Spider-Man 2
Spider-Man 2 – Fonte: projectnerd.it

I problemi esistenziali di Peter Parker e il duello tra l‘Uomo Ragno e il dottor Octopus s’intrecciano a meraviglia. Il risultato va oltre gli stereotipi del genere di appartenenza, riuscendo a scavare nella parte più intima del nostro “affezionatissimo Uomo Ragno”, senza mai, e dico mai, rinunciare all’ironia e all’umorismo che da sempre hanno contraddistinto le avventure di quella che è forse la creatura meglio riuscita di Stan Lee.

Per dimostrarvelo analizzerò il film di Raimi, uscito nel 2004, soffermandomi su alcuni dei momenti più belli, e tralasciando mio malgrado un’infinità di dettagli che meriterebbero un ulteriore approfondimento.

Comincio col dirvi che mai come in questo capitolo dedicato al nostro Spider-Man, la storia riesce a sviscerare il conflitto interiore di Peter Parker. Il ragazzo vorrebbe vivere come ogni altro suo coetaneo: impegnarsi negli studi, fidanzarsi con la ragazza che ama, realizzare il suo progetto di vita. Ma tutto questo gli viene impedito, apparentemente suo malgrado, dall’obbligo morale di salvare l’umanità dai cattivi. Obbligo nato in lui dopo il morso di quel ragno radioattivo che gli ha trasmesso poteri eccezionali e soprattutto, dopo la morte di Zio Ben, – della quale, come sappiamo, si sente responsabile,- personaggio fondamentale nell’economia delle sue avventure per via di quella frase famosa che risuona costantemente nell’animo del giovane Peter:«Da un grande potere derivano grandi responsabilità».

Nella prima parte del film, a fronte dei successi riscossi dall’Uomo Ragno nel salvare vite e assicurare i delinquenti alla giustizia, il suo alter ego vive con sofferenza gli insuccessi all’università, sul lavoro e soprattutto con la sua amata Mary Jane. La normalità mal si sposa con le sue continue imprese mascherate.

Sam Raimi

Licenziato dal titolare della pizzeria dove la puntualità della consegna è il marchio di fabbrica, senza un soldo per l’affitto, con Zia May sfrattata, Mary Jane ancora più distante dopo essere arrivato in ritardo al suo spettacolo teatrale, Peter sente il mondo franargli sotto i piedi. L’umiliazione più feroce arriva durante il party celebrativo del figlio astronauta di J.J. Jameson. Il direttore del Daily Bugle lo coopta per scattare le foto del ricevimento, durante il quale la scalogna lo perseguita impedendogli persino di recuperare una semplice tartina. Così gli tocca assistere, impotente, alla proposta di matrimonio che l’astronauta fa alla sua sua amata, e al “sì” di lei, con l’obbligo devastante di immortalare il bacio che sancisce la loro futura unione.

Intanto la sua mente, imbrigliata nel conflitto interiore tra il ragazzo e il supereroe, messa a dura prova dai continui stress emotivi, annulla progressivamente i superpoteri. Esasperato dalla sua vita disastrosa, Peter prende quella che ritiene la miglior decisione possibile per il proprio bene: abbandonare il costume di Spider-Man nel bidone della spazzatura e vestire per sempre i panni di Peter Parker.

A questo punto, come un fulmine a ciel sereno, Sam Raimi ci regala una sequenza meravigliosa, mai vista nei film dedicati ai supereroi, in rottura con il canone stilistico dei superhero movie, nella quale riassumere i benefici della recente scelta di vita.

L’intramontabile canzone Raindrops keep fallin’ on my head, scritta da Burt Bacharach e cantata da B.J. Thomas – in cui risuoneranno per sempre gli echi di Butch Cassidy, capolavoro di George Roy Hill– funge da accompagnamento della presunta rinascita del nostro eroe.

Spider-Man 2
Spider-Man 2

La parte iniziale della sequenza merita l’enfatizzazione del ralenti. L’ex Uomo Ragno cammina raggiante, per le strade di New York, sotto il sole primaverile. Senza la super vista, inciampa, cade, si rialza, e inforca felicemente gli occhiali da miope. La gioia di vivere illumina il suo viso. La velocità delle immagini torna alla normalità perché Peter incrocia le auto della polizia che sfrecciano a sirene spiegate. Dopo un attimo di esitazione, in cui il vecchio istinto sembra riavere la meglio, il ragazzo torna a mangiare con soddisfazione il suo hot-dog sbrodolante.

B.J Thomas continua a cantare le gocce di pioggia che cadono incessantemente sul suo capo, metafora dei guai che lo perseguitano, e ciò nonostante è sicuro del fatto che tutto passerà, “perché io sono libero, e nulla mi preoccupa”. Anche Peter è libero, o almeno così crede, perché finalmente si è sbarazzato dell’Uomo Ragno. Gli studi vanno molto meglio. Durante la lezione del professor Baker è l’unico a rispondere a una domanda complessa ricevendo, una volta fuori dall’aula, le congratulazioni dell’insegnante che qualche scena prima lo aveva rimproverato per il suo cattivo rendimento.

Peter è radioso, le ragazze si accorgono di lui e lui si compiace dei loro sorrisi interessati. Libero dagli obblighi quotidiani di un supereroe che si rispetti, si sente pronto per assistere finalmente allo spettacolo teatrale del suo grande amore. La sequenza è di un romanticismo brillante, senza inutili sdolcinature, pieno di umorismo, che rimanda direttamente alle più sofisticate delle commedie romantiche hollywoodiane, girate tra gli anni ’50 e ’60 da gente come Howard Hawks, Billy Wilder, Stanley Donen e Blake Edwards.

Mary Jane è in scena, seduta in poltrona, vestita con abiti settecenteschi, che sta dialogando con un altro attore, quando si accorge che Peter è seduto in sala, e allora si lascia andare ad un sorriso dolcissimo. Gli occhi le si illanguidiscono, mentre quelli di Peter si sgranano dietro le lenti degli occhiali, orgogliosi e speranzosi. Mary Jane, rapita, dimentica la battuta e la telecamera piazzata sul palco ci regala un’inquadratura profonda, che assieme alla sua deliziosa smemoratezza svela l’affanno del suggeritore dietro le quinte, che ripete la battuta e tira un sospiro di sollievo quando Mary Jane torna a recitare la sua parte.

Il giovane Peter Parker sembra rinato, ma in lui l’eroismo è congenito, innato, con o senza i super poteri. È questa la splendida tesi sostenuta da Alvin Sargent e Sam Raimi, illustrata con il salvataggio di una bambina, rimasta imprigionata al secondo piano di un edificio in fiamme, senza ricorrere a ragnatele e salti funambolici. «Hai avuto coraggio, ragazzo!», gli dice il pompiere, quando l’incendio è ormai sedato.

La parola “coraggio” torna nella scena successiva, snodo narrativo che riporta Peter sui suoi passi. Zia May sta traslocando, e mentre sistema i cartoni pieni di roba nel furgoncino che la porterà alla nuova abitazione, riconosce il “coraggio” del nipote che precedentemente le ha rivelato le sue responsabilità circa la morte del marito, Zio Ben, senza per altro accennare alla doppia identità.
Ad aiutare Zia May c’è un ragazzino che Peter ha visto crescere, e che da grande vorrebbe essere come l’Uomo Ragno.

Anche Zia May riconosce in Spider-Man un eroe. “Abbiamo bisogno di eroi”, ribadisce l’anziana, che senza volerlo regala a suo nipote un insegnamento altrettanto decisivo quanto quello ricevuto a suo tempo dallo Zio Ben:«A volte per fare la cosa giusta bisogna mostrare carattere… E rinunciare a ciò che vogliamo di più, persino ai nostri sogni». Parole pesanti, che lo toccano nel profondo e lo convincono a rindossare il costume di Spider-Man, recuperandolo con una delle sue lunghe tele nello studio di Jameson, dove è attaccato al muro come un trofeo di caccia.

Il compito si rivela più complicato del previsto perché la sua mente continua a ritardare il recupero dei super poteri. Ed ecco che arriviamo alla straordinaria scena del caffè, dove Mary Jane ha convocato Peter. Romanticismo e azione si avvicendano in un crescendo mozzafiato che offre un esempio sublime di pathos, di passionalità e concitazione proprie della tragedia.

Spider-Man 2 – Fonte: tvandmovienews.com

Mary Jane è ancora innamorata di Peter. Seduti all’interno, affianco alla vetrata del locale che affaccia sulla strada, la ragazza ammette che una parte di lei ha ascoltato le parole di Peter, subito dopo lo spettacolo teatrale, in cui il ragazzo si è detto cambiato e pronto a ricucire il loro rapporto, rinvigorito com’era dalla scelta di non essere più l’Uomo Ragno. La ragazza ignora che le cose sono cambiate daccapo. Mary Jane vorrebbe sentir parole d’amore ma Peter esita, non può dirle la verità. Non può dirle che tra loro non potrà mai esserci nulla perché lui è Spider-Man, e che stando assieme lei diventerebbe il bersaglio dei suoi nemici.

Mary Jane, sofferente per la reticenza di Peter, va dritta al dunque: «Mi ami?» . E mentre lui, costretto alla bugia più dolorosa, le dice di «No», gli occhi verdi della ragazza rimbalzano da destra a sinistra come palline da tennis, evocando l’inquietudine di una donna impotente difronte al rifiuto del suo amato. In realtà Mary Jane non gli crede. L’istinto le sussurra che non è vero, che dietro quel rifiuto si nasconde qualcos’altro, e che Peter Parker forse è l’Uomo Ragno, il cui bacio ricevuto nel primo Spider-Man sempre di Raimi, non conosce ancora eguali.

«Baciami!», gli ordina la ragazza con uno slancio perentorio al quale Peter non riesce a sottrarsi. Le due bocche colme di desiderio si avvicinano pericolosamente, ma il senso di ragno si risveglia improvvisamente, sbarrando le pupille di Peter che legge il pericolo imminente. Un oggetto lanciato a mezz’aria e a grandissima velocità, corre riflesso nelle lenti di Peter e nello stesso istante lui si lancia addosso a Mary Jane per buttarla sul pavimento, mentre un’auto sfonda la vetrata del caffè, viaggiando a velocità mortale sulle loro teste, sui loro corpi cadenti. Octopus atterra Peter e rapisce la ragazza per costringerlo a chiedere aiuto a Spider-Man. Naturalmente la rabbia riporta a galla tutti i super poteri in un nanosecondo.

Lo scontro avviene sul tetto di un treno pieno di passeggeri che corre veloce sui binari della sopraelevata, tra i grattacieli della metropoli. Un combattimento durissimo che strappa via la maschera dal volto di Spider-Man. Peter è riconoscibile, nudo davanti al mondo. Poca cosa rispetto all’urgenza di frenare il treno a cui Octopus ha distrutto i comandi di guida, accelerandone la corsa verso la fine del binario, a strapiombo sul mare. Per evitare la strage, Spider-Man ricorre a tutte le sue tele di ragno, a tutta la sua forza, a tutto il suo coraggio, in piedi sul muso del treno, mentre guidatore e passeggeri alle sue spalle aspettano sgomenti il compiersi del loro destino. Con uno sforzo improbo, Spider-Man ferma il treno sull’orlo del precipizio. E qui assistiamo a quella che a mio avviso rimane l’agnizione più bella che si sia mai vista in un film di supereroi.

Spider-Man 2
Spider-Man 2 – Fonte: naturalborngamers.it

Stremato, Peter sviene. Sta cadendo nel vuoto quando le mani dei passeggeri ne bloccano la caduta poggiandosi sul petto, portandolo dentro la carrozza e facendolo passare sulle loro teste. La scena, ripreso dall’alto, del nostro eroe con le braccia in croce, sembra la deposizione di un Cristo o il surf di una rock star sulla folla, dopo il tuffo dal palco. «È’ solo un ragazzo, ha la stessa età di mio figlio», dice uno dei passeggeri.

Riavutosi dallo stordimento, Peter si tocca il viso, accorgendosi di non avere la maschera. Si sente perduto, la sua identità non è più un segreto. «Non c’è problema», lo rassicura un altro passeggero. «Non lo diciamo a nessuno», confermano i due ragazzini che gli porgono la  maschera appena ritrovata. Nemmeno il tempo di infilarla che arriva Ocotpus, minaccioso come non mai. Allora le persone del treno si trasformano in eroi facendo da scudo. «Per arrivare a lui devi passare su di me», dice il primo e gli altri gli fanno eco. Ma Octopus non si fa scrupoli e i suoi bracci meccanici sono troppo forti. L’Uomo Ragno è suo prigioniero.

 

Spider-Man 2
Spider-Man 2- Fonte: tvdaily.it

Arriviamo alla sequenza che segue lo scontro finale, nell’enorme edificio industriale dove Octopus, liberatosi dal controllo dell’intelligenza artificiale che muoveva i suoi bracci meccanici, ha rimediato alle sue malefatte inabissandosi assieme al nucleo di tritio, che come una gigantesca e incontrollabile calamita ha smantellato l’edificio. Spider-Man è di nuovo senza maschera, si volta, e Mary Jane scopre finalmente ciò che sentiva da sempre. Assistiamo così ad un’altra agnizione memorabile.

Alle spalle della ragazza, la gigantesca facciata dell’edificio comincia a cadere in avanti. Un attimo prima che la schiacci Peter si lancia a sorreggere l’enorme peso sulle sue spalle.
«Ciao», dice lui con il viso rosso e gonfio per lo sforzo immane. «Ciao», risponde lei.
« M. Jane, caso mai morissimo…», dice lui, minimizzando. «Allora mi ami?», lo interrompe lei.
E lui risponde…
Beh, mi fermo qui. Andatevelo a (ri)vedere, anche perché i colpi di scena non sono ancora finiti.
Ricordate? Mary Jane è promessa sposa dell’astronauta.

Testo di Michele Lamonaca

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