Tesnota, il dramma russo del tribalismo etnico

Nella città di Nalchik etnie differenti, pur condividendo le stesse stradine, gli stessi caseggiati, mantengono le distanze praticando l’ortodossia della diffidenza e dell’odio.

Il regista Kantemir Balagov, autore della sceneggiatura assieme ad Anton Yarush, racconta una storia di sopraffazione e discriminazione in un angolo remoto della Federazione Russa, la Repubblica Autonoma di Kabardino-Balkaria, posizionata nella parte settentrionale dell’area caucasica, al confine con la Cecenia.

Il film, realizzato nel 2017, fa parte di un progetto più ampio messo in piedi da Aleksandr Sokurov, nell’Università di Nalchik, città natale di Balagov, che a sua volta è allievo del grande maestro russo.

Tesnota - Fonte: horrorestremo.altervista.org
Tesnota – Fonte: horrorestremo.altervista.org


Ispirato dall’urgenza di raccontare le contraddizioni e i mali endemici della sua terra, oggetto di pulizia etnica ad opera dei russi nell’800 e di una convivenza mal sopportata tra le stesse etnie, Balagov adatta per il grande schermo una storia realmente accaduta nel 1998, a cavallo tra le due guerre cecene.

La giovane protagonista, Ilana, lavora come meccanico nell’autofficina del padre e fin da subito mostra insofferenza verso gli asfissianti precetti della comunità ebraica a cui appartiene, e che trovano nella figura materna una custode inflessibile, a cui si contrappone la ragionevolezza e la mansuetudine paterna. Ilana è uno spirito libero, indossa i pantaloni e sembra un maschiaccio, ed è segretamente fidanzata con un ragazzo, Zalim, che appartiene all‘etnia maggioritaria kabarda di religione musulmana.

Tesnota - Fonte: cinematografo.it
Tesnota – Fonte: cinematografo.it

La sua giovinezza e i sogni di emancipazione vengono travolti dal rapimento del fratello David assieme alla sua promessa sposa, la sera stessa in cui, difronte alle rispettive famiglie, i due giovani si sono scambiati la promessa di matrimonio.

Pur trattandosi del primo film come regista, Balagov dimostra grande originalità e consapevolezza nelle scelte espressive, cucendo attorno alla storia un abito su misura, strettissimo come le inquadrature, che raramente vanno oltre il piano medio, imprigionando i personaggi in una prossimità opprimente, già annunciata dal titolo, piochè la parola russa “tesnota” significa “vicinanza”,  o “angustia” in un’accezione ancor più negativa.

La costrizione psicologica degli abitanti di Nalchik viene amplificata da Balagov mediante gli interni soffocanti nei quali si svolge la quasi totalità della storia. Le case sono piccole, gonfie di mobilio e oggetti, immersi nella penombra. Una spazialità angusta che riflette il peso soverchiante dell’ortodossia religiosa e dei criteri arcaici di appartenenza, che impediscono qualunque contatto fra “tribù”, agevolando al loro interno l’atrofia dei sentimenti  e la pratica della meschinità.

Balagov racconta in maniera lucida e ritmata il cambio repentino e violento intercorso nella vita della giovane protagonista, usando luce e colori con precisione e finezza espressiva, coadiuvato dalla fotografia di Artem Emelyanov.

La casa di Ilana è invasa dal color ambra. Lo si ritrova ovunque con i suoi gradienti. Negli arredi, nella carta da parati, negli indumenti e nella luce serale dell’abitazione, che getta sullo spazio un alone soffocante. L‘energia vitale della ragazza e dei suoi cari, espressa simbolicamente dalla colorazione della resina fossile, è imprigionata dalle mura domestiche, associabili alla chiusura mentale imposta dalle regole e dalla tradizione. Una condizione che accomuna sia gli ebrei che i kabardi, autoreclusi nella cerchia tribale, in un tempo astorico, come insetti di un’altra era geologica imprigionati nelle gocce d’ambra.

Tesnota - Color ambra - Fonte: lostincinema.it
Color ambra – Fonte: lostincinema.it

L’oscurantismo nella quale galleggia la società disgregata di Nalchik ha i toni grigi e sgradevoli imposti da Balagov alla luce diurna. È invincibile come l’oscurità serale che avvolge la città, dove l’illuminazione pubblica è sparuta e fioca.

La comunità ebraica – farisei dediti al culto del denaro – gira le spalle ai genitori di Ilana che pur vendendo l’autofficina non sono in grado di pagare il riscatto. La gioventù kebarda vive nel rancore verso i russi e nel disprezzo verso gli ebrei. Gli amici di Zalim passano le serate nell’ufficio della pompa di benzina dove lavora il ragazzo, trasformato in luogo di bisbocce. Alcol, droga, un divano e ancora una volta l’oscurità, interrotta dalla luce fredda del televisore che schiarisce il volto dei ragazzi mentre guardano vhs con le orribili sevizie dei guerriglieri ceceni contro i prigionieri russi. Qualcuno li giustifica perché combattono per la loro terra, qualcuno vorrebbe fare ai russi quello che i nazisti fecero agli ebrei, Ilana scatta con violenza pur nascondendo la sua origine, e il cerchio dell’odio si richiude senza speranza.

La madre di Ilana, disperata, pur di trovare i soldi del riscatto promette la figlia al rampollo di una ricca famiglia, senza alcun preavviso. Una vera e propria compravendita a cui la ragazza si ribella facendosi deflorare dall’ignaro fidanzato in un amplesso spiato a distanza dalla telecamera, immerso in una luce rossa abbagliante che sa di passione e disperazione.

Evita così il matrimonio combinato, condannando se stessa e i suoi al disonore e all’isolamento, ma ottenendo comunque il denaro che il rampollo lascia sul tavolo, con un gesto inaspettato di altruismo, che risponde al sentimento sincero del ragazzo.

David è salvo ma la loro permanenza a Nalchik è ormai compromessa. La madre intanto ha finalmente compreso che i suoi figli sono cresciuti e che adesso appartengono a loro stessi. David decide di restare con la sua fidanzata. Ilana deve scegliere: restare o seguire i genitori nell’ennesimo viaggio alla ricerca di una vita migliore.

Il travaglio della scelta ha le sembianze della danza invasata che Ilana improvvisa nella discoteca dove non c’è più musica perché è saltata la corrente. Balagov da ennesima prova di talento. In un angolo oscuro la ragazza si dimena, sommersa dallo stroboscopico alternarsi di luce blu e rossa, ragione e sentimento che combattono dentro il suo giovane corpo alla ricerca di una risposta.

Primo campo medio Tesnota
Primo campo medio – Fonte: comingsoon.it

La scena successiva arriva come una liberazione, una carezza, regalando allo spettatore la prima apertura, il primo campo medio, che sa di pacificazione, con Ilana sulla cima di una collina erbosa, a guardare l’orizzonte, mentre in cielo nuvole sparute vengono incendiate dal sole nascente.

Dopo aver salutato Zalim senza dirgli la verità ed essersi congedata da David, Ilana si mette in viaggio con suo padre e sua madre, che guarda inebetita il mondo ingiallito dal vetro posteriore dell’auto. Ancora un gradiente dell’ambra che imprigiona ed è imprigionato.  Tra le due donne c’è una cortina silenziosa di risentimento e dolore che verrà spazzata via nella sequenza finale.

L’abbraccio – Fonte: cinemaedintorni.com

L’auto di famiglia li costringe a una sosta forzata e a un pranzo frugale sull’erba, circondati dalle severe montagne caucasiche. Ilana si allontana per riflettere sul suo destino. Raggiunge una piccola cascata dove riceverà l’abbraccio materno, che ricuce un legame sancito dalla maestosità silenziosa della natura e dalla purezza dell’acqua. Ultima scena di un’opera prima che consegna al cinema inernazionale il talento cristallino di Balagov.

 

Testo di Michele Lamonaca

Riproduzione riservata

 

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