Non è un paese per vecchi è un libro di ferite

Pubblicato per la prima volta nel 2003, il romanzo di Cormac Mccarthy, Non è un paese per vecchi, è ambientato nel 1985 nonostante siano in tanti a prendere per buono l’anno 1980 utilizzato dai fratelli Coehn nella trasposizione cinematografica. Lo sceriffo Ed Tom Bell, personaggio fondamentale della storia, dice espressamente che sono passati «quarant’anni» dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Inoltre la pistola mitragliatrice Tec-9 è stata introdotta sul mercato proprio nel’85. Ed è una delle tante armi da fuoco nominate nel corso della narrazione, essendo protagoniste irrinunciabili del romanzo, poiché quello di McCarthy è il libro delle ferite aperte che lacerano l’America.

Non è un paese per vecchi
Cormac McCarthy – Fonte: ilGiornale.it

Un Paese nato e formatosi nella successione di atti violenti. Concetto chiaro per i “vecchi” texani evocati dallo scrittuore statunitense. Dopo aver discusso con suo zio Ellis, lo sceriffo Bell, allontanandosi, si lascia andare a una semplice considerazione:«Ho pensato alla mia famiglia e a lui seduto sulla sedia a rotelle nella vecchia casa e mi è parso che questo paese abbia proprio una strana storia, e una storia piena di sangue, oltretutto. In pratica, ovunque ti volti a guardare».

La frontiera americana: armi, droga soldi e pick up

Il Texas, terra di frontiera dove la giustizia a colpi di revolver ha ceduto formalmente il posto alla camera a gas e gli enormi spazzi di sabbia, roccia e terra frantumata dal sole danno libertà d’azione ai fuorilegge e ai narcotrafficanti messicani, diventa il luogo ideale in cui raccontare una storia sanguinaria che allegorizza la violenza di un’intera nazione.

I protagonisti attraversano lunghe strade asfaltate e distese desertiche a bordo di pick-up, cavalli in lamiera che nell’immaginario di frontiera hanno sostituito i destrieri in carne e ossa, fermandosi a dormire negli alberghi o meglio ancora nei motel, dove anonimato e irrintracciabilità sono garantite. Il Texas è uno di quegli stati dove si pratica il culto dell’arma da fuoco e dove quasi tutti ne hanno una in casa, si tratti anche solo di un fucile da caccia. Le armi sono allo stesso tempo sintomo e causa del dna statunitense votato alla violenza. Visto il tema del romanzo, McCarthy le nomina sia nel discorso indiretto che in quello diretto quasi sempre per calibro, restituendo così quella senso di familiarità che non è solo dei poliziotti e dei banditi, ma di un’ampia fetta di popolazione che può entrare in un’armeria e uscirne dopo cinque minuti in compagnia di un mitragliatore d’assalto, con la stessa facilità con cui fa la spesa al supermercato.

Quando lo sceriffo Bell torna sul luogo dell’eccidio iniziale, al poliziotto federale che è in sua compagnia basta un’occhiata per l’esame balistico della sparatoria:«Io vedo fori di .380, di .45, di nove millimetri parabellum, di fucile .12 e di .38 special. Voi avete trovato qualcos’altro?». McCarthy regala descrizioni più dettagliate quando si tratta di armi importanti, vendute a milioni come fossero lavatrici o automobili, e che hanno fatto la storia sanguinaria dell’America.

Non è un paese per vecchi
Confine Texas Messico

Moss, nella scena iniziale, ha un fucile calibro 270 a canna pesante dal «calcio in lamina di acero e noce», «mirino telescopio Unertl» e «sistema Mauser 98», l’otturatore girevole-scorrevole prodotto dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Più in là, disarmato, Moss legge l’annuncio sul giornale e contatta il venditore che gli recapita di persona una Tec-9 di seconda mano, pistola mitragliatrice molto leggera resa famosa dal crimine organizzato e dalle sparatorie di massa degli anni ’90.

Allo sceriffo Bell «piacciono ancora le vecchie Colt. La.44-40». Armi leggendarie, apparse per la prima volta nel 1873 e ancora in produzione. La Colt è l’arma realizzata nel maggior numero di calibri ed è diventata famosa grazie ai film western, essendo legata alla guerre indiane. Inoltre Ed Tom Bell ha un debole per il Winchester modello 1897, inserito proprio quell’anno nel catalogo dell’omonima casa produttrice. Da quel momento divenne il fucile a pompa più amato dagli americani. Punto di riferimento per gli altri produttori costretti ad adeguarsi alle sue caratteristiche.

Nel libro si guadagnano una menzione speciale anche il mitra H&K a canna corta, pistola mitragliatrice della ditta tedesca Heckler & Koch, realizzata nel 1966 e subito adottata dalla polizia della Germania Ovest; il fucile Glock nove millimetri; il fucile Remington automatico calibro .12 dalle finiture parkerizzate e la leggendaria cartuccia magnum calibro .357 per pistole e revolver. La preferita dall’ispettore Callaghan, destinata inizialmente alla caccia e poi adottata dalla polizia americana per la capacità di perforare le lamiere spesse delle auto anni ’30.

Pezzi di storia presente e passata che animano gli scontri a fuoco del romanzo. Un tutti contro tutti alla caccia di una valigetta piena di soldi, che servivano all’acquisto di droga purissima. Un piccolo esempio della piaga che si abbatte costantemente sulla frontiera tra Stati Uniti e Messico. Inferno sulla Terra dove la vita è d’intralcio al “make business” banditesco e disumano dei corrieri della droga.

Non è un paese per vecchi
Guerra civile americana – Fonte: remocontro.it

La violenza sui corpi

Non è un paese per vecchi procede per accumulo di ferite sui corpi martoriati degli uomini alla caccia della valigetta contente oltre due milioni di dollari. Il denaro è l’altra divinità che ha scritto la storia degli Stati Uniti e che continua a farlo, alimentando la spirale di violenza. Lewelyn Moss, un reduce del Vietnam, mentre è a caccia di antilopi sul confine, scopre i corpi senza vita di uno scontro a fuoco tra narcotrafficanti messicani e acquirenti yankee per una compravendita finita nel peggiore dei modi. Trova la valigetta e decide di tenersela, e da quel momento per lui sono solo guai. Sulle sue tracce ci sono tutti, compreso lo sceriffo Ed Tom Bell, che vorrebbe salvarlo da morte certa e il killer psicopatico Anton Chigurh.

Ha così inizio una sequela mozzafiato di inseguimenti, omicidi e scontri a fuoco senza alcuna pietà per la carne. McCarthy racconta i fatti con la freddezza e la precisione di un cecchino che osserva le scene dal suo mirino telescopico. Teste spappolate; il sangue che colora i sedili delle auto, le pareti degli alberghi e dei motel dove avvengono le imboscate; arti forati dai proiettili; carne maciullata e livida. Gli uomini del romanzo scacciano via l’anima dai loro corpi per trasformarli in macchine da combattimento.

Moss e Chigurh si prendono a fucilate in pieno centro sotto il fuoco indistinto dei narcotrafficanti. La notte è un rimbalzare esplosivo di calibri differenti, di raffiche contro i palazzi che non risparmia gli innocenti. Colpi vaganti uccidono un portiere di notte e una vecchietta sulla sedia a dondolo davanti alla finestra. Al termine della battaglia, l’aria odora di morte e polvere da sparo. Moss, ferito al braccio e al fianco, dove una pallottola ha mancato di pochi centimetri il fegato, oltrepassa il confine per cercare rifugio in Messico, lasciando sull’asfalto una lunga linea rossa. Un pallettone ha trapassato la coscia destra di Chigurh, ma la cosa lo lascia quasi indifferente. Sono gli incerti del mestiere a cui sa bene come rimediare. Così fa esplodere un’auto parcheggiata davanti al supermarket per distrarre titolari e clienti, e arraffare indisturbato tutto il necessario per curarsi come un novello Rambo.

Non è un paese per vecchi
Guerra del Vietnam

Dagli scaffali prende un pacchetto di siringhe, fiale di tetracilina e solfamidico contro le infezioni, un forcipe, tante garze e un barattolo di pasticche di idrocodone per ridurre il dolore. In albergo guarda la sua gamba assai gonfia, ormai bluastra se non quasi nera, e procede con abilità e freddezza a disinfettare la ferita con il betadine, a rimuove con il forcipe pezzetti di tessuto attorno al foro per poi infilare l’ago nel quadricipite e spararsi una fiala di tetracilina. Cinque giorni di convalescenza e può tornare alla sua mattanza.

La violenza sulle anime

La storia degli Stati Uniti d’America può riassumersi in un unico fatto di sangue. La violenza è il seme che ha generato la prima super potenza mondiale. La forza oscura usata per domare un paese immenso, dalle grandi distese selvagge e a tratti inabitabili, e stabilire l’ordine sociale. Il libro della storia americana è scritto dal dio della guerra. Partendo dal conflitto per l’indipendenza alle guerre in Iraq e in Afghanistan, ogni generazione ha avuto il suo campo di battaglia. Sono morti a milioni, e milioni di reduci sono tornati a casa con l’anima lacerata da ferite insanabili.

L’America vive un incurabile trauma post-bellico. Il ricorso alla violenza ha acquistato tratti genetici insediandosi nel dna del popolo statunitense. La storia di Maccarthy racconta in modo esemplare questa degenerazione senza freni a cui la modernità ha aggiunto un’aggravante inquietante: la pazzia prodotta dalla società moderna nella quale i principi delle grandi filosofie sono stati soppiantati dalle mode, dai marchi, dalle promesse pubblicitarie, creando un vuoto che genera mostri e rende impossibile distinguere i buoni dai cattivi come accadeva una volta, quando la giustizia si praticava con la colt o il revolver.

Le pagine di cronaca sono piene di episodi tanto efferati quanto inspiegabili. Lo sceriffo Bell legge sgomento e si rifiuta di comprendere, temendo di perdere la sua stessa anima. Ed Tom Bell è vecchio. Appartiene a un tempo che non c’è più. Rimpiange gli sceriffi che facevano rispettare la legge girando disarmati. Tormentato dal presente e dal futuro che fanno paura, anche lui è una vittima della storia americana. Vive nel rimorso di una medaglia al valore ricevuta durante la Seconda Guerra Mondiale, come unico superstite di un drappello che lui ha abbandonato per mettersi in salvo mentre i commilitoni giacevano in fin di vita sotto le macerie di una fattoria abbattuta dal mortaio e assediata dai tedeschi. Gli sarebbe stato impossibile salvarli, eppure non riesce ad eliminare il senso di colpa.

La Guerra genera questo genere di ferite. Violenta l’animo degli uomini e lo ferisce per sempre perché impone esperienze piene di orrore, in cui ragione e istinto entrano in conflitto. Gli Stati Uniti  continuano a produrre generazioni di reduci che hanno subito violenza sull’anima. E molti, come Ed Tom, passano il resto della loro vita a ricordare i giorni in cui, lontani da casa, sono stati obbligati a non essere sé stessi perdendosi per sempre.

Non è un paese per vecchi
Anton Chigurh nel film Non è un paese per vecchi – Fonte: cineforum.it

Antono Chigurh: un nuovo tipo di persona

Alla sfilza di armi più o meno recenti McCarthy contrappone lo strumento di morte in apparenza innocuo di Anton Chigurh. Una bombola d’ossigeno di piccole dimensioni, collegata con un tubo di gomma a una di quelle pistole usate nei mattatoi per uccidere il bestiame. Chigurh la usa per sparare bulloni nel cranio delle sue vittime inconsapevoli e per far saltare il tamburo della serratura degli appartamenti in cui si intrufola per ammazzare. Un’arma indecifrabile e quasi grottesca nella sua semplicità. Eppure nessuno – impugnando un revolver, un fucile a pompa o una pistola mitragliatrice – riesce a fermarlo. Chigurh ha dalla sua parte qualcosa che lo rende superiore a qualunque altro killer professionista.

E’ «un nuovo tipo di persona», dice lo sceriffo Bell. Annuncia l’avvento di «qualcosa che non abbiamo mai visto», commenta lo sceriffo Lamarr. Chigurh compare alle spalle delle vittime, silenzioso come un fantasma, perché «non ha l’anima». E’ un uomo senza amore per la vita altrui, privo di emozioni, un genio della violenza gratuita che fissa le vittime con occhi «opachi come pietre bagnate». Quando ormai è tutto finito e Moss è passato a miglior vita, Chigurh ne uccide la moglie solo perché lo aveva promesso al suo antagonista quando era ancora in vita. L’unico gesto di magnanimità per i suoi simili è il lancio della monetina: testa o croce, vivo o morto.

Non è un paese per vecchi
Non è un paese per vecchi – Libro – Fonte: ibs.it

La figura di Chigurh e le riflessioni dello sceriffo Bell servono a Mccarthy per denunciare gli errori delle generazioni passate e di un Paese che uccide la sua gente con la guerra e la sua ideologia mercantile. La desertificazione dell’animo umano è in corso. Ed Tom e sua moglie hanno paura del futuro, perché nel 1985 assistono al disfacimento dell’istituzione familiare. I ragazzi vengono cresciuti dai nonni, perché i genitori non hanno voglia di tirarli su. E quando questi «saranno gli unici nonni disponibili» ai ragazzi chi ci penserà?

McCarthy racconta una nazione a pezzi. «La gente dice che è stato il Vietnam a mettere in ginocchio questo pese. Ma io non ci ho mai creduto», spiega il padre di Moss allo sceriffo Bell. «Questo paese era già messo male. Il Vietnam è stata solo la ciliegina sulla torta». Allora è inutile sorprendersi se un ragazzo di 19 anni, prima di finire i suoi giorni nella camera a gas per aver ucciso una ragazzina di 14 anni, rivela allo sceriffo che se fosse uscito di galera lo avrebbe rifatto perché aveva sempre avuto in mente di ammazzare qualcuno. La stessa inspiegabile pazzia della donna che ha gettato suo figlio appena nato nel tritacarne e della coppia che affittava camere a vecchietti, torturandoli prima di ucciderli e seppellirli in grosse buche nel giardino, per poi intascare gli assegni della pensione.

La nave affonda e McCarthy non lancia ancore di salvezza. Negli anni trenta i problemi per gli insegnanti erano gli alunni che parlavano in classe, che correvano nei corridoi e masticavano gomme durante la lezione. Dopo quarant’anni gli insegnanti devono affrontare stupri, incendi, assassini, droga e omicidi. L’America sta crescendo tanti piccoli Chigurh. Per fermare quello che sta arrivando – sembra dirci il romanzo – non basteranno tutte le armi del mondo. Una previsione che appartiene allo spazio-tempo diegetico, usato da McCarthy per inchiodare le generazioni passate alle loro  colpe, alla loro cecità e impotenza. Previsione che è ormai triste realtà nel momento in cui il romanziere americano decide di scrivere Non è un paese per vecchi. Oggi le vecchie ferite continuano a sanguinare e se ne formano di nuove senza che nessuno muova un dito.

Testo di Michele Lamonaca

Riproduzione riservata 

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi